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DALLA A ALLA Å

Norvegia: istruzioni per l’uso

Di

Camilla Bonetti

per le vie del mondo

racconti e narrazioni di viaggio

Prima edizione ebook: 2016

Copyright ©2016 POLARIS S.r.l. unipersonale

ISBN 978-88-6059-178-4

Disponibile anche in formato cartaceo

Casa Editrice Polaris

www.polariseditore.it

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Sommario

PREMESSA

A come ALENE: soli e ben accompagnati

B come BARNA: i piccoli norvegesi

C come CHAMPAGN: lo strano rapporto con l’alcool

D come DAME/HERRE: le (in)differenze di genere

E come ELG: la fauna norvegese

F come FJORD: alla scoperta dei fiordi

G come GAMLEDAGER: i bei tempi antichi

H come HYTTA: la fuga necessaria e vicina

I come INNVANDRERER: i nuovi norvegesi

J come JUL: Natale dura due mesi

K come KLÆR: vestirsi o coprirsi?

L come LYD: La melodia nel silenzio

M come MAT: non solo salmone

N come NORSK: 5 milioni di abitanti, 3 lingue

O come OSLO: la discussa capitale

P come PERSONNUMMER: burocrazia norsk

Q come QUIZ: hanno tutte le risposte

R come RUSS: il mese pazzo prima degli esami

S come SOMMER: LA STAGIONE DEL SOLE

T come TOG: spostarsi in Norvegia

U come UT PÅ TUR: le chiamano passeggiate

V come VINTER: la bella stagione della neve

W come WEB & APP: la Norvegia online

X come X-KROK: Superfluo necessario

Y come YDMIKHET: la regola dell’umiltà

Z come ZOO OG TIVOLI: per bambini di tutte le età

Ø come ØKONOMI: L’economia oltre al petrolio

Æ come ÆSJ: le strane onomatopee norsk

Å come ÅPNINGSTIDER: i negozi sono aperti, forse

Epilogo e ringraziamenti

PREMESSA

“La Norvegia è un paese coperto dalla neve per la maggior parte dell'anno. Qui i lunghi mesi di buio invernale si alternano alle estati in cui il sole non tramonta mai. Pochi esseri umani alti, biondi e pallidi vivono in questa terra fredda e inospitale. I norvegesi sono introversi, amano consumare alcolici, sciare e hanno una facile predisposizione al suicidio. La loro dieta si basa principalmente sul pesce, a cui si alterna la carne di specie in pericolo come balene e foche, accompagnate da patate, cavoli o cipolle. Ciononostante, mi piacerebbe fare un giro da quelle parti. I fiordi, le aurore boreali che accendono le notti di inverno, il sole che non tramonta nemmeno a mezzanotte: lassù la natura è magnifica”.

Questo è un ipotetico estratto di ciò che conoscevo della Norvegia quando ancora non sapevo che sarebbe diventata la mia casa: conoscenze basilari a cui si aggiungeva un leggero approfondimento turistico. Gli argomenti sono gli stessi per la maggior parte delle persone che non sono mai state a Nord. Chi invece ha visitato la Norvegia ne è rimasto incantato e racconta con entusiasmo del paesaggio meraviglioso, della luce e del timido sorriso dei locali.

Tuttavia, mi sono resa conto di quanto sia difficile approfondire la conoscenza di questo paese che rivela poco di sé: ci vuole tempo e pazienza. Solo capendo alcuni segreti della cultura locale, della tradizione e dell'attualità, è possibile entrare in contatto più profondo con l'anima norvegese.

Mi sono chiesta: “Come posso affrontare queste tematiche senza cadere nel banale e, soprattutto, senza annoiare il lettore?”

Questa guida alla sopravvivenza è la mia risposta: una parola norvegese per ogni lettera dell'alfabeto, scelta con l'approvazione di chi parla questa lingua e vive in questa terra da sempre.

Il risultato è un viaggio ironico e curioso nei 28 concetti fondamentali da conoscere prima di avventurarsi in Norvegia.

Mi chiamo Camilla, ho 30 anni e un Master in Global Studies, la facoltà di capire il mondo. Quello che ho capito, alla fine del mio percorso di studi, lo sapevo già da un po': c'è un mondo da scoprire oltre le Alpi e io devo partire.

Ho scelto la Norvegia per amore e per curiosità. Sono approdata a Bergen in un gelido giorno di fine gennaio senza sapere una parola della lingua locale, senza avere la minima idea di cosa avrei fatto. Il mio solo obiettivo, ora come allora, era scrivere.

Ho deciso di creare un blog in cui raccontare quella realtà estranea che si faceva lentamente più famigliare: https://norvegiani.wordpress.com/

In questi tre anni 700 commenti hanno documentato il passaggio dei lettori tra i post del blog: chi è stato in Norvegia e se ne è innamorato, chi invece sogna un viaggio a Capo Nord, chi vorrebbe fare i bagagli e ricominciare una vita in un paese che pare riservare molte possibilità e chi, invece, non riesce a capire cosa ci sia di tanto interessante in quella terra gelida. Il pubblico, quasi 500.000 visitatori è eterogeneo: gli studenti che organizzano un semestre all'estero, i viaggiatori fai da te, i turisti che cercano informazioni per la crociera Hurtigruten, gli sportivi che sognano di sciare lungo i pendii a picco sui fiordi, i padri di famiglia che si interrogano sulla possibilità di ricominciare altrove, i neolaureati che cercano informazioni su stage e PHD e tanti lettori incuriositi da una realtà ancora poco conosciuta.

Norvegiani è stato un interessante mezzo per entrare in contatto con altre realtà comunicative italiane e internazionali: nel 2012 ho partecipato al documentario Emergency Exit di Brunella Filì, nel 2013 sono stata intervistata dal giornale norvegese Dagens Næringsliv e nel 2014 Norvegiani è stato scelto tra i blog di expat nella mostra interattiva POE a Venezia. Ho raccontato la mia esperienza sulle frequenze di Radio 105 e Radio Inblu.

Dopo un anno e mezzo vissuto prima a Bergen e poi a Stavanger, ho deciso di tornare in Italia. Eppure, sentivo di avere ancora qualcosa da fare, prima di chiudere la porta scandinava o di riaprirla per sempre: il blog non era il punto di arrivo. Restavano ancora troppi interrogativi, troppi argomenti da approfondire e i post non erano il modo giusto per farlo. Così, ho raccolto i vestiti pesanti nella solita valigia e sono ripartita, destinazione: Oslo. Da qui, dalla capitale amata da chi ci vive e odiata dal resto dei norvegesi, ho deciso di riorganizzare e aggiornare il materiale raccolto per realizzare una guida alla sopravvivenza Dalla A alla Å. Gli amici norvegesi mi hanno aiutata a individuare le 28 parole chiave.

Dai gamledager al matpakke quotidiano, dai russ agli strani åpningstider locali, tutti i concetti fondamentali da conoscere per comprendere meglio i norvegesi e la Norvegia sono condensati in questo testo sintetico, efficace e ironico.

Un'occasione unica per scoprire la Norvegia oltre le guide turistiche.

A come ALENE: soli e ben accompagnati

I norvegesi sono dei cortesi solitari. Sorridono, salutano gentilmente con toni di voce che per le donne raggiungono acuti da cartone animato Disney, ma non hanno alcuna difficoltà a sedere nella stessa stanza senza proferire alcuna parola. L'avvento dello smartphone non ha abbassato i loro livelli di socievolezza, ha semplicemente regalato un nuovo punto su cui posare lo sguardo per evitare quello altrui e sventare il rischio di una conversazione di cortesia.

Questa tendenza è molto evidente sui mezzi pubblici. Il sogno di ogni norvegese è sedere da solo nel posto doppio. Per realizzarlo non si affida allo stratagemma dello zaino che occupa l'altro sedile, sarebbe troppo maleducato. Lui sa che quello stesso desiderio è condiviso da tutti gli altri passeggeri che, quando vedranno il sedile doppio occupato da una persona, rimarranno in piedi in attesa che questo si liberi. Cosa succede se qualcuno infrange questa regola non scritta? Assolutamente nulla, il detentore singolo del posto doppio cederà la metà libera al nuovo arrivato e si stringerà il più possibile nel suo spazio per evitare ogni contatto fisico. L'usurpatore cercherà a sua volta di occupare poco spazio e darà prova di agilità ruotando il busto in modo da evitare ogni possibile incrocio di sguardi. Il livello massimo di disagio si raggiungerà qualora il primo passeggero, quello che sognava la solitudine, dovesse scendere prima dell'usurpatore. A quel punto sarà necessario comunicare la propria intenzione, ponendo fine al regime di silenzio e totale rispetto della privacy altrui fin lì perpetrato. La preparazione al momento consiste in una serie di sommessi versi gutturali, “mmmh mmmh”, volti ad attirare l'attenzione, a cui seguono gesti espliciti come: chiusura zaino-borsa in cui si è depositato lo smartphone, sguardi al monitor che indica la fermata e quasi impercettibile affermazione “oh” quando la voce automatica indica la prossima fermata. L'ultimo arrivato capirà e si alzerà all'istante, concedendo al primo la possibilità di raggiungere la porta ben prima della sosta e, quasi sicuramente, di mantenere a stento l'equilibrio al momento della frenata del mezzo.

Tutto questo non succede se il viaggio avviene il venerdì o il sabato sera, quando i livelli dell'etilometro salgono rendendo i passeggeri più socievoli, al punto da stringere amicizie profonde in pochi minuti. Sabato scorso la mia coinquilina ha invitato a casa nostra il vicino di sedile e gli ha cucinato uova strapazzate in padella, perché sapeva che gli piacevano tanto. Era la prima volta che si incontravano e il viaggio che hanno condiviso è durato poco meno di un quarto d'ora. Non lo ho mai più rivisto.

Ciò che è difficile da spiegare a chi proviene da un paese in cui socializzare è qualcosa di semplice e spontaneo, anche qualora non vi sia una finalità specifica per cui farlo, è proprio questo: qui non è così.

I momenti di socializzazione sono limitati ad alcune specifiche circostanze e ad alcuni soggetti con cui relazionarsi. Avete scelto la cassa più lenta del supermercato? Anche quello davanti a voi lo sta pensando, ma non lo direte ad alta voce, perché non vi conoscete.

A questo punto immaginerete i norvegesi come un branco di orsi solitari. Nella maggior parte dei casi non lo sono. La prima cosa da sapere è questa: al compimento del primo anno di vita, l'80% dei piccoli norvegesi si reca alla scuola materna. Lì i bambini compiono i primi passi nella società e imparano, a volte prima ancora di sapere camminare, a condividere le attenzioni, i giochi e gli spazi con gli altri. Allo stesso tempo le insegnanti sottolineano fin dai primi tempi la differenza tra comune e personale: ciò che è tuo non lo condividi con gli altri e ciò che è degli altri bambini non lo puoi avere.

Crescendo, alla scuola si affiancheranno le attività sportive e, spesso, la partecipazione ai gruppi di volontariato o di hobbistica. Sono questi i contesti in cui la socializzazione è facilitata dalla condivisione di un interesse ma, quasi sempre, limitata a questo. La nascita di amicizie tra chi frequenta un corso di kung fu, esempio a caso di sport non proprio popolare da queste parti, tende a limitarsi al momento in cui ci si trova a praticare questa disciplina. Potrebbe allargarsi all'esperienza di una cena asiatica tra membri del corso, ma difficilmente si tradurrà in qualcosa di più.

La differenza tra estranei, conoscenti e amici è molto netta.

Il primo gruppo costituisce il 70% del mondo circostante e ci si relaziona ad esso in modo estremamente sintetico: sorriso, cenno della testa, frasi brevi se richieste dal contesto.

Il 20% del mondo circostante, specie quando si vive in una piccola realtà, è popolato dai conoscenti: i vicini di casa, i compagni di scuola, di corso, i genitori dei compagni di scuola dei figli, gli amici dei parenti. Con questi si passa al livello cortesia plus: si saluta, si chiede “come va?”, ci si lamenta del tempo, si fanno gli auguri in caso di festività e lieti eventi. Rientrano nella categoria conoscenti anche buona parte degli amici di Facebook, qualora li si incontri nella vita reale.

Il restante 10% del mondo, la frazione più piccola e più importante della vita, è costituito infine dagli amici e dai famigliari. Questi ultimi non sono scelti, certo, ma rappresentano un punto di riferimento fondamentale per i norvegesi. Gli amici sono quei pochi soggetti incontrati nel corso del tempo con cui si è riuscito a creare un legame forte nonostante tutti i blocchi del contesto sociale in cui ci si trova. L'amicizia di un norvegese significa moltissimo.

Gli studenti norvegesi trascorrono sempre più spesso un periodo del proprio percorso di studi all'estero, entrando in contatto con culture diverse che influenzano in parte il modo di percepire gli altri una volta tornati nel proprio paese. Questo si può notare quando si trovano a relazionarsi con persone provenienti da quei contesti esterni, ma non si esplica quasi mai nei rapporti con gli altri norvegesi, con cui continuano a vigere le regole tradizionali di distaccata cortesia.

In questo strano mondo di estranei, conoscenti e amici, però, il tempo che i norvegesi trascorrono in effettivo stato di solitudine non è molto di più di quello di cui dispongono le persone che vivono in altre parti del mondo. Osservando la realtà locale ci si rende conto di come questo sia un paese composto in quasi tutte le fasce di età da famiglie. I single sono davvero pochi e rappresentano il lato meno piacevole della solitudine. La famiglia rappresenta per i norvegesi un contesto di socializzazione interna, ma anche esterna: attraverso i figli e il compagno si ottengono momenti di socializzazione con altre persone accomunate dallo stesso stato sociale, da cui i single sono esclusi a priori.

Le coppie sposate sono poche e tra queste il tasso di separazioni è molto alto, eppure lo status di single rimane qualcosa di transitorio, da cui liberarsi in fretta per entrare in una nuova relazione. Conoscere persone nuove in un contesto che non sia il momento sociale del weekend in cui l'alcool abbatte buona parte dei blocchi è oggi meno difficile, grazie a Internet.

I siti di appuntamenti online hanno un inaspettato successo di pubblico anche tra i giovani: le mie coinquiline, tre graziose fanciulle di età compresa tra i 22 e i 25 anni, hanno tutte un profilo registrato su uno di questi siti. Anche quella fidanzata, metti mai che la cosa non funzioni! Foto, località di residenza, interessi e aspettative riguardo alla persona che vorrebbero conoscere: una sorta di Linkedin dove il candidato vincente non si aggiudica un colloquio, ma un appuntamento. Seppure il buon senso porterebbe a fissare il primo incontro in un luogo pubblico, la mia sopracitata coinquilina ha scelto il accogliere lo sconosciuto uomo Tinder nel salotto di casa. Il soggetto, esteticamente ineccepibile, si è rivelato un appassionato di thriller e studioso di psicologia criminale, particolare che mi ha fatto seriamente valutare l'idea di cambiare la serratura dell'appartamento. Poi mi sono ricordata che la passione per omicidi e psicosi dilaga in tutta la Scandinavia, come dimostra la fornitissima sezione Krim (gialli) delle librerie.

Lo spazio sociale virtuale di Tinder piace molto da queste parti perché permette di abbattere le barriere relazionali e conoscere nuove persone che magari si incontrerebbero ugualmente, date le limitate dimensioni delle città norvegesi, ma resterebbero confinate nella categoria estranei, come il 70% del mondo circostante.

B come BARNA: i piccoli norvegesi

Gli italiani fanno sempre meno figli, sempre più tardi: pochi bambini, molto seguiti da un esercito di adulti pronti a evitare le cadute, rimediare agli errori e colmare le piccole vite di attività e stimoli sempre nuovi.

Il tasso di natalità in Norvegia è elevato, i figli unici sono una rarità e molti genitori hanno meno di trent'anni.
Il risultato? I passeggini, le carrozzine e gli esseri umani di piccola statura sono moltissimi.

Questo, però, non coincide con diffuse urla degli adulti e strepiti dei piccini. Qui sembra che la condizione di genitore sia gestibile senza informare tutte le persone nell'arco di un chilometro circa le attività del pargolo.

Sembra, addirittura, che i piccoli possano avere un raggio di movimento indipendente superiore ai quaranta centimetri oltre i piedi degli adulti.

Nessuno urla e la calma pare contagiosa. Gli adulti senza figli sono davvero pochi in Norvegia: i norvegesi convivono senza sposarsi, si separano, si risposano, sono genitori single, ma hanno figli. Il sistema sociale ha abbattuto buona parte delle difficoltà legate al mantenimento della prole, creando il sistema dei congedi alternati, garantendo il mantenimento del posto di lavoro dopo la maternità, adeguando gli orari di lavoro con quelli delle scuole, offrendo l'istruzione gratuita. “Se non ti riproduci sei strano”: nessuno lo dice, quasi tutti lo pensano.

I genitori italiani rimarranno alquanto perplessi davanti ai metodi di crescita utilizzati al Nord: i bambini imparano presto ad essere indipendenti e a tracciare i propri limiti.

Due anni di lavoro al barnehage, la scuola materna norvegese, mi hanno mostrato la vita quotidiana di questi piccoli nordici. All'inizio, lo ammetto, ero molto colpita da questa libertà di azione, dalla fiducia posta nelle capacità di bambini tanto piccoli da stare appena in piedi. Poi, mi sono abituata. Certo, quando le colleghe non vedevano, mi sono affrettata a raddrizzare calzamaglie infilate al contrario da bambini di quattro anni (devono fare da soli, dicevano), a soffiare nasini colanti e ad accompagnare alla finestra chi voleva salutare i genitori prima che andassero al lavoro. I bambini di un anno mangiano da soli lo yogurt. Indossano il grembiule plastificato, quello che si usa per dipingere, impugnano il cucchiaino in modo incerto e creano un capolavoro appiccicoso e profumato di frutta che parte dal naso e arriva fino al pavimento.

La voce interiore della mamma italica mi suggeriva: intervieni, aiutalo, mangia poco, si macchia. Quando le colleghe si sono distratte, ho tentato di afferrare il cucchiaino per imboccare il piccolo umano sommerso dallo yogurt. La presa della manina è stata ferma e decisa: mangio da solo, grazie.

Il piccolo di casa che si arrampica lungo il tronco di una pianta e dondola seduto a cavalcioni di un ramo, sotto lo sguardo compiaciuto di papà, è per noi qualcosa di impensabile. Potrebbe cadere, potrebbe farsi male, potrebbe spaventarsi, potrebbe sporcare i vestiti. Se succede, rispondono i norvegesi, imparerà qualcosa. Se non succede, acquisirà fiducia in se stesso.

Quando un bambino cade, da queste parti, gli adulti osservano da lontano. Nel momento del capitombolo cerca lo sguardo adulto, per capire come reagire: se la mamma accorre con aria spaventata, il piccolo classifica la sua caduta come grave e comincia a piangere. Se non si è trattato di una caduta grave, con ferite e sangue, i norvegesi si limitano a dire: “Dai, rialzati!” sorridendo. In caso contrario, naturalmente, corrono ai ripari: non siamo a Sparta!

Immagino che molti genitori stiano visualizzando i piccoli norvegesi come un'orda di selvaggi.

È vero, sono abituati a giocare all'aperto con ogni condizione climatica, usano le pozzanghere come piscine in cui saltare e sguazzare, imparano molto presto a vestirsi da soli, spesso con risultati discutibili, e il naso cola tutto l'anno. Eppure, una rigida disciplina regola le loro piccole vite. Poco visibile dall'esterno, poiché raramente ricorre a urla e gesta teatrali, si rafforza con la costanza e la coerenza delle regole. Ci sono momenti della vita dei genitori che sono considerati barnefri, senza bambini, come le uscite serali. Mamma e papà vanno al ristorante con gli amici, senza i figli. Qualora si abbiano degli invitati a casa, i piccoli vanno comunque a dormire presto, così da lasciare i genitori liberi di conversare con gli ospiti. Esistono pacchetti vacanza studiati proprio per i genitori, etichettati con la stessa parola magica barnefri: piccole fughe rilassanti in strutture pensate apposta per staccare dalla routine familiare e ritrovare la dimensione di coppia. Esiste anche il corrispettivo inverso, barnevennlig, etichetta con cui si identificano parchi divertimento, vacanze e attività pensate apposta per la gioia dei più piccoli.

I bambini norvegesi vanno a letto molto presto: le ore di corse sfrenate all'aria aperta e l'abitudine del pisolino pomeridiano, che si perde al compimento dei tre anni, fanno sì che la sera i bambini abbiano davvero molto sonno e crollino nei lettini (quasi sempre) senza capricci. Il momento della nanna è, per i più piccoli, tra le sette e le otto di sera.

L'alimentazione nelle scuole è vincolata da regole rigide per educare fin dall'infanzia a una dieta semplice e sana: i dolci compaiono soltanto in occasione di feste e nei fine settimana, così come le bevande gassate e zuccherate. La frutta e la verdura sono presenti in tavola ogni giorno, insieme a pane integrale, carne, pesce e latte. Talvolta il rispetto del libero arbitrio infantile è eccessivo: molti bambini scelgono ogni giorno lo stesso pålegg (accompagnamento al pane) e gli adulti non tentano nemmeno di proporre alternative. Prima o poi, forse è questa la loro speranza, si stuferanno o faranno indigestione.

Il rapporto con la natura si sviluppa fin dall'infanzia. Il clima rigido non è un impedimento, il gioco all'aria aperta è un appuntamento quotidiano, con la neve, con la pioggia e con il sole. Tute imbottite, simili a quelle da sci, più scarponcini per l'inverno; salopette e giacca impermeabile più stivali di gomma, per divertirsi con la pioggia; maglietta, pantaloni corti, crema solare e cappellino, nei lunghi giorni estivi: i vestiti si adattano al clima.

Nel Nord del paese, dove il sole per mesi non riesce a superare la linea dell’orizzonte, si gioca comunque all’aperto, approfittando delle poche ore di alba-tramonto in cui la luce bluastra si riflette sulla neve. Un insegnante locale mi spiega che i bambini escono sempre, tranne quando la temperatura scende sotto i -15°: che sia quella la linea di confine tra bambino e pinguino?

I piccoli norvegesi muovono i primi passi nella natura, cadono tra le foglie, mordicchiano le pigne e impastano terra e acqua per creare gustosi dolci da regalare ai genitori. I giocattoli rimangono in casa: all'aria aperta si inventano ogni giorno nuovi giochi, spinti dalla sola regola della fantasia. Gli adulti accompagnano i bambini in lunghe passeggiate, insegnano a riconoscere le diverse piante dalle foglie, ad orientarsi osservando il muschio, a scegliere i sassi su cui camminare per non perdere l'equilibrio.

Le differenze di genere non sono enfatizzate, tutti possono giocare con le macchinine e con le bambole. Molte bambine arrivano a scuola agghindate come le principesse Disney e tornano a casa la sera con lo stesso vestito sporco di fango, dopo un pomeriggio trascorso a rotolare nel prato. Ci sono bambini che passano la giornata a lottare, imitando i super eroi, poi, esausti, si siedono al tavolino con le bimbe e intrecciano un bracciale di perle da regalare alla mamma.

Non mi sento di dire che questi bambini siano più felici di quelli italiani, credo che la felicità sia una caratteristica dell'infanzia, indipendentemente dal luogo in cui si cresce.

Ho notato un minore protagonismo dei più piccoli: il loro arrivo arricchisce la vita dei genitori, non la stravolge. A volte ho l'impressione che i bambini italiani siano trattati come star: tutta la famiglia li osserva, tutti accorrono se il piccolo cade, tutti tacciono se il bimbo parla. Forse perché sono pochi, piccoli miracoli in un paese sempre più anziano.

Volendo trovare un difetto al modello educativo norvegese, a volte il tentativo di stimolare l'indipendenza è eccessivo. Ci sono bambini che, con atteggiamenti esasperati, dimostrano il bisogno di una presenza adulta vicino: piccoli cicloni che, nel loro caos, chiedono solo di essere abbracciati, di essere presi per mano, come tutti i bambini.